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Il processo di lavorazione del cappello

«Questo termine [modista] è oggi riservato senza incertezza a chi crea, confeziona, orna cappelli per donna, nelle più svariate forme e in diversi tessuti, dà foggia particolare a feltri e paglie. Sino a quasi tutto il ’700 il termine, direttamente derivato da moda, era generico: includeva non solo la modista vera e propria, ma i lavoranti di qualsiasi materiale attinente all’abbigliamento e gli addetti alla loro vendita, dal merciaio all’esecutore di nastri e trine, gale e bottoni. Occorrerà arrivare appunto al tardo ’700, in piena riscoperta del cappello, tramontata la moda delle altissime e incipriate parrucche, perché finalmente uno statuto apposito sancisca, in Francia (1776), la corporazione delle modiste, il loro diritto di fabbricare, ma anche di tingere, ornare con fiori artificiali cappelli femminili».

Sgombrato il campo da un uso fuorviante del termine (nel linguaggio comune spesso impropriamente usato come sinonimo di sarta), la definizione di modista tratta dal Dizionario della Moda a cura di Guido Vergani (Milano, Baldini&Castoldi, 1999, ad vocem) consente di identificarne alcuni caratteri peculiari. Creatività, tecnica, manualità, conoscenza dei materiali, complementarità fra laboratorio e negozio sono le principali caratteristiche che contraddistinguono la modisteria dalla generica produzione e commercializzazione del cappello, sia femminile che maschile.

Il processo di lavorazione del cappello rappresenta una delle prerogative della modisteria più inconfondibili.
Escludendo i cappelli senza formatura, cioè quelli morbidi realizzati con cartamodelli, tutti gli altri necessitano di una base rigida – le forme – sulla quale fare aderire e stirare i vari materiali. Le forme più usate sono in spartre, legno, allumino.

Lo spartre è un foglio di paglia (50×80 cm) di tramatura larga, ricoperto da una garza apprettata, che inumidita può essere plasmata fino a mantenere la forma voluta una volta asciutta. L’utilizzo di questo materiale permette inoltre di poter calzare il cappello e apportare così le varie modifiche. Fare una forma con lo spartre è un’operazione che richiede molta abilità ed esperienza, e un tempo di lavorazione di almeno due giorni. La modista è l’unica persona in grado di preparare una forma con lo spartre, che in gergo è detta “fusto”. L’artigiana, seguendo un’idea o un disegno, modella e inumidisce lo spartre aiutandosi con ferretti, forbici e appoggi di sughero a forma di testa, dove è possibile appuntare gli spilli. Quando la forma ha assunto la linea e le proporzioni volute e non ci sono più modifiche si procede all’indurimento. Si cuciono nei punti di maggior gioco del filo di rame ricoperto di cotone detto “ramino” fino a creare quasi un’armatura, poi all’interno della forma si cuciono delle barrettine dello stesso spartre per dare maggiore consistenza e sostegno. Alla fine di questa operazione si stira perfettamente e si ricopre di garza per rendere la forma perfettamente liscia perché anche solo lo spessore del filo da cucire può creare un’imperfezione. A questo punto con un pennello si “vernicia” la forma con un appretto speciale detto “visca”. Quando il tutto sarà  asciutto e molto rigido la forma sarà pronta per realizzare il cappello.

L’archivio storico delle poche modisterie sopravvissute ai rapidi avvicendamenti delle mode, che nel corso del Novecento hanno decretato le alterne fortune del cappello femminile, ha la funzione non solo di conservazione di un patrimonio altrimenti soggetto a un incombente rischio di dispersione, ma anche di trasmissione di una cultura tecnica e materiale diversamente destinato ad estinguersi, oltre che di fonte di ispirazione per la creazione di nuovi modelli. Le fogge dei cappelli, fotografati da diverse prospettive, possono essere studiate e rinnovate in funzione delle esigenze della committenza.

Fonte: Sistema Archivistico Nazionale

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